Il vicino di casa

racconti erotici vita reale

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    Figon Member

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    Era passato poco più di un anno da quando io e mio marito avevamo deciso di abbandonare la frenetica vita della città per trasferirci nella vicina campagna al riparo da smog, traffico e inquinamento. Avevamo acquistato all’asta un casolare composto da due unità circondate da un ampio giardino e, in questo angolo di paradiso, progettavamo il nostro radioso futuro. Quel futuro dove finalmente nessuno si sarebbe frapposto tra noi e i nostri desideri più reconditi. La casa era isolata da tutto e da tutti. Solo un altro piccolo rudere, situato a poche centinaia di metri, rompeva quel panorama fiabesco in cui le colline diventavano un tutt’uno con il mare e dove il cinguettio degli uccellini segnava il cessare delle nostre focose notti.

    La fiducia che si era instaurata tra me e mio marito era ciò che di cui andavo più orgogliosa. Ogni sera, dopo ore e ore spese al lavoro, eravamo soliti confidarci i segreti e desideri più nascosti. Uno dei suoi maggiori appetiti era sempre stato vedermi sbattuta da un uomo di colore e, per soddisfare questo suo capriccio, aspettai la ricorrenza del suo cinquantaduesimo compleanno. Non fu difficile per me, donna poco più che quarantenne, ancora splendente e dalle forme sensuali, convincere un venditore ambulante a passare nella nostra nuova dimora per farmi scopare nel modo più selvaggio e sporco che la mia mente potesse anche solo immaginare. Mentre quello straniero, con il suo enorme bastone, sfondava quell’ano già dilatato da anni e anni di pregressa esperienza, la mia lingua leccava avidamente la cappella paonazza di mio marito già sul punto di esplodere. Furono sufficienti un paio di succhiate per sentire tutto il suo caldo nettare riversarsi dentro la mia bocca. Decisi di non ingoiare all’istante ma condividere il frutto del piacere in un appassionato bacio che rimarrà impresso nei nostri più intimi ricordi.
    Assorta in queste dolci memorie, sbirciavo con un binocolo mio marito scaricare i pesanti tronchi dal furgone del nostro vicino di casa. Ruben era stato un facoltoso investitore finanziario che aveva operato nel settore degli investimenti immobiliari tra Londra, New York e Tokyo. Secondo alcuni racconti, fu uno dei pochi in grado di predire il crollo finanziario del 2008 e la sua abile intuizione gli fruttò decine e decine di milioni di dollari. Sebbene dichiarasse di essere inglese, le sue origini erano marcatamente sudafricane, e, dopo la morte prematura della moglie, aveva deciso di lasciare la sua attività per acquistare quel piccolo rudere e godersi la meritata vecchiaia. Ogniqualvolta lo vedevo aggirarsi attorno alla sua cascina non potevo non rimanere folgorata da quel suo aspetto mascolino di uomo alto oltre due metri e dal peso di cento chilogrammi. Le sue mani possenti avrebbero di certo saputo stringere con ardore le mie cosce mentre i miei umori sarebbero colati abbondanti sul suo viso fino a scivolare su quella testa oramai priva di capelli. L’avanzare dell’età aveva sostituito i suoi possenti addominali con una pancetta che non stonava in quella figura capace ogni giorno di accendere il mio sesso.
    Finalmente mio marito rientrò dopo il pomeriggio passato con il suo immancabile amico. La sua espressione era però diversa rispetto alle scorse volte. Aveva un ghigno di chi aveva già progettato un piano diabolico.

    Sempre più curiosa di ciò che quella bocca stava per partorire.

    Quelle parole mi fecero balzare dalla sedia. Quell’uomo di quasi sessant’anni aveva chiesto esplicitamente di me. Avevo guardato verso lui sempre con notevole carica erotica. Tuttavia, l’idea di rimanere sola in sua compagnia mi stava procurando un’inaspettata sensazione di disagio. Passai i giorni seguenti a riflettere su quella strana proposta. In fondo si trattava solo di una cena, un paio di ore in cui avrei dovuto fingere qualche sorriso di circostanza per poi tornarmene nelle affettuose braccia di mio marito.
    La notte antecedente alla cena fu diversa da tutte le altre. Uno strano sogno mi cullò in quelle ore che speravo non avessero mai fine. Ruben si trovava di fronte a me, a piedi del nostro letto matrimoniale, e mi guardava con sguardo famelico digrignando quelle innaturali mascelle. Era nudo con un petto e una pancia ricoperta da un folto pelo rossiccio. I suoi occhi celesti luccicavano in quell’inaspettata oscurità e Il suo membro era corto ma tremendamente grosso con pronunciate venature. Il suo glande, già scoperto, dava alla luce la sua cappella violacea che aspettava solo di entrare dentro me. Senza proferir parola appoggiò la sua grossa mano sul mio collo e iniziò a penetrarmi con una forza che mai avevo sperimentato. Le mie mani si facevano spazio in quell’ampia schiena cercando trovare un appiglio a cui aggrapparmi. La sua bocca era a un palmo dalla mia e sentivo l’odore del suo alito al sapore di vino pervadere le mie narici. Inebriata, sentivo già di essere vicino all’esplosione. Mi svegliai in preda alle convulsioni emettendo uno strillo che fece sobbalzare mio marito dal letto. Senza proferire parola, nel bel mezzo della notte, afferrai il mio uomo per i capelli e lo costrinsi a leccarmela fino a che un fiume di liquido inzuppò la sua bocca e i due strati di lenzuola.
    Mancavano ancora tre ore a quella cena che si sarebbe tenuta in un ristorante di alto borgo a poche decine di chilometri da casa. Entrai nella vasca da bagno non prima di essermi guardata per intero allo specchio. Ero ancora una donna attraente con un seno prorompente e la mia figa, completamente spalancata, appariva ancora tonica e smagliante. Mi depilai con cura gambe e pube. Per quell’evento decisi di indossare un paio di mutandine nere assieme a un reggiseno di pizzo abbinato a un vestito verde lungo che ben s’intonava ai capelli appena piastrati. Ai piedi un paio di sandali con tacco basso color oro che mi erano stati regalati poco tempo prima da un facoltoso spasimante.
    Ruben arrivò alla mia abitazione alle ore 19.30 a bordo della sua Tesla color bianco. La sua figura si ergeva in tutto la sua virulenza al di sotto di un abito elegante color nero che appoggiava su una camicia bianca in cotone spazzolato e una cravatta rossa che gli donava quell’ulteriore tocco di passione. Quella visione mi lasciò qualche secondo sconcertata abituata a vederlo sotto i panni di un normale boscaiolo di campagna. Salii a bordo della sua auto dopo aver salutato mio marito con un tenero bacio sulle labbra. Seduta sul sedile alla destra del conducente, riuscii a scorgere lo sguardo d’intesa tra i due uomini che ero certa nascondere qualcosa.
    Arrivammo al ristorante dopo circa quaranta minuti di viaggio. Nel tragitto fui travolta dal suo profumo inebriante che quasi mi catapultò in un universo parallelo. Ripassammo con cura la storia che avremmo raccontato ai suoi fratelli. Io ero la sua personal trainer conosciuta presso una festa di gala a Los Angeles. Dopo numerose sedute private avevo ceduto al suo irresistibile fascino e la nostra storia d’amore durava oramai da due anni costellata da qualche alto e basso. Il nostro futuro era brioso e progettavamo di spendere il nostro tempo tra feste mondane e lunghi viaggi. Mi sarebbe bastato assecondare il suo gioco con qualche luccicante sorriso e tutto sarebbe filato liscio. L’indomani un aereo privato li avrebbe ricondotti a Londra e ognuno sarebbe tornato alla propria vita.
    Mentre a bordo della sua Tesla disegnava le curve di quella strada perfettamente asfaltata.

    A metà strada decidemmo di fare una piccola sosta presso un locale per bere qualcosa assieme.

    I suoi occhioni celesti mi avevano già fatto calare le mutande. Quella cadenza britannica stava già accendendo qualcosa nella zona del basso ventre da costringermi a incrociare le gambe per contenere l’eccitazione che già prendeva forma in ogni angolo del mio viso.

    Il mio tono non era affatto convincente e l’imbarazzo stava calando sempre più prepotente in quel locale divenuto stranamente silenzioso.

    Ritornammo alla cascina di Ruben alle 02.20 di mattino. Dietro la porta massello una sagoma familiare stava lì ad aspettarmi.

    Non feci in tempo a replicare che mi ritrovai la lingua di mio marito dentro la bocca. Ruben aveva già i pantaloni abbassati e il suo membro era turgido esattamente come lo avevo sognato la notte precedente. Sentii le sue possenti mani sollevarmi e condurmi al piano superiore dove un grande letto matrimoniale si stagliava in tutta la sua magnificenza. Stesa sopra quelle lenzuola dal profumo di muschio bianco spingevo la testa calva dell’uomo contro la mia figa che grondava di immane piacere. Mio marito teneva con forza la mia testa piegata in avanti spingendomi il suo cazzo dentro la bocca fino a lambire la gola. Qualche secondo e i due uomini, dopo un gesto d’intesa, cambiarono le loro posizioni. Ora mio marito si trovava ai piedi del letto intento a penetrarmi mentre sempre meno lucida ammiravo la pancia pelosa di Ruben e con la lingua spazzolavo i testicoli scendendo fino al perineo.

    Ruben estrasse da un armadio in legno pregiato adiacente alla porta un paio di manette e una benda color nero. Mi legò le mani alla sponda del letto facendo attenzione a che fossero ben stretta e infine mi coprì gli occhi. Sentivo ora i loro cazzi penetrarmi entrambi i buchi. Quello di mio marito più lungo e stretto si stava dedicando al canale anteriore mentre quello più tozzo di Ruben mi stava producendo un irrefrenabile piacere sul lato posteriore.
    Mi incitava con incontenibile euforia quel cornuto di mio marito.
    Esplosi come una fontana emettendo un getto caldo che arrivò a bagnare tutto il pavimento.
    Non feci in tempo a riprender fiato che mi ritrovai il pene di mio marito di nuovo in bocca. Succhiavo avida assaporando l’odore del mio sesso annidato sul suo membro e sempre più smaniosa aspettavo solo di farlo venire dentro la mia bocca. Volevo bere il piacere che quella folle notta gli stava procurando. La mano destra strozzava i suoi testicoli divenuti duri come biglie. Secondo dopo secondo l’apice del piacere si stava avvicinando mentre Ruben mi penetrava con quattro dita solleticando con dovizia il mio clitoride.
    Sentii un urlo uscire dalla bocca del mio amato uomo. Poi uno, due, tre, quattro, cinque gettiti di sperma salato arrivarmi diritti in gola senza nemmeno transitare per la lingua. Quanto adoravo bere il nettare di mio marito. Era l’unica conclusione degna in quel nostro rapporto amoroso.
    Ora mancava Ruben. Mi feci togliere bende e manette e decisi di prendere in mano la situazione. Salii sopra per cavalcarlo come una vera amazzone. Vedevo la mia immagine dipinta su quello specchio e ammiravo i miei seni prosperosi saltare qua e là. Il suo viso non era più così imperturbabile e iniziava a contrarsi in una smorfia di solenne piacere. Abbassai il busto verso lui e risentii l’odore di vino uscire dalla sua bocca. Il sogno della notte precedente stava prendendo i connotati della realtà. Come mi avesse letta nel pensiero, mi sollevò e con una carica erotica disarmante mi attaccò contro il muro. Ora sentivo il suo sesso strofinare dal basso verso l’alto il mio. Il suo corpo era contratto mettendo in risalto tutti quegli impetuosi muscoli. Volevo essere posseduta come mai nessuno aveva fatti nella mia vita. La mia vagina era sempre più aperta, sempre più bollente e rossa di piacere.
    Andammo avanti ancora qualche minuto fino a che non sentii il suo gettito dentro la mia vagina. Esausta mi stesi sul letto e dopo aver afferrato la testa di mio marito lo costrinsi a leccarla fino a far sparire tutte le tracce del suo caro amico.
    Rientrammo a casa dopo aver fumato una sigaretta in compagnia. Ammirammo l’alba con il sole che nasceva dal mare. Ruben era un uomo che meritava un degno finale di vita. E noi avremmo di certo saputo regalarglielo.
     
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