Ancor oggi mi masturbo pensando a lui

racconti erotici gay shota

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    Mi vergogno un po' a dirlo, e mi scuso se a qualcuno può fare schifo, visto che ormai mi appresto a essere considerato un uomo maturo, anche se in realtà maturo non lo sono stato e non lo sarò mai. Però ancor oggi io mi masturbo pensando a lui. A dire il vero, lo faccio da trent'anni circa, più o meno da quando ho imparato a farmi le seghe, cosa che coincide col periodo in cui lo conobbi. E siccome anche in età matura e agli uomini sposati (come me) capita di toccarsi da soli - succede di rado, ma succede - io penso sempre e regolarmente a lui, anche lui oggi maturo e padre, come me. E chissà se a lui capita o è mai capitato lo stesso. Probabilmente sì, in passato, ma non gliel'ho mai chiesto. Di certo però il primo sesso della vita lo facemmo insieme e da quel momento a me è rimasto dentro, non l'ho mai confessato a nessuno e nemmeno con lui ne abbiamo mai parlato. Dentro di me, anzi, ho avuto sempre il dubbio di amarlo, di averlo sempre amato, senza mai avere il coraggio di dirlo, di dirglielo. Solo che ho preferito la vita "normale", da etero, anche perché a me la fica è sempre piaciuta, e tanto.

    *
    Lui mi piaceva, non so come spiegarlo ma da adolescente me ne innamorai perdutamente. Mi piaceva il suo modo di fare, il suo corpo, il suo carattere, il suo aspetto fisico, il modo in cui mi trattava, il rapporto che si era instaurato fra di noi. Grande amicizia, grande affetto, tra coetanei succede. E a me, a noi, successe qualcosa di più, complici gli ormoni da sfogare in qualche modo e anche i tratti femminei del mio corpo, il mio visino efebico dell'epoca, tutto ormai irrimediabilmente rovinato dall'inclemenza del tempo che passa. Cominciò proprio con le carezze, sempre più intime e consapevoli, che io all'inizio rifiutavo ma a cui poi mi sottomisi, perché l'amore è anche sottomissione all'altro e io dentro di me volevo sottomettermi a lui. Cominciammo a frequentarci ogni giorno, sebbene non abitassimo vicinissimi: tutte le attività extrascolastiche le facevamo insieme e tra di noi si instaurò una complicità, prima ancora che un'amicizia, che ci faceva sembrare normale che quando eravamo solissimi, nella sua o nella mia stanza, ci scambiassimo effusioni prima sotto forma di botte e poi di carezze, quasi per farci perdonare del dolore inflitto all'altro con il picchiarci reciprocamente.
    Era un'età confusa, strana, quella dei gatti tutti bigi di notte e anche di giorno: lui mi palpeggiava in silenzio, io facevo finta di niente ma glielo consentivo, mi stimolava i capezzoli in maniera deliziosa, pizzicandoli delicatamente e sorprendendosi compiaciuto di come reagissero rizzandosi e inturgidendosi al suo tocco. Sorrideva in maniera deliziosa, ammaliante, e io quasi perdevo il controllo: dalle minne passò al culo, me lo toccava proprio intimamente, infilando le dita nel solco formato dai glutei e stimolandomi il buchino. Poi iniziò a farmi toccare il suo cazzo duro e gonfio, sempre senza spogliarci, perché ci vergognavamo da morire e ancora di più avevamo il terrore di essere scoperti. Io però mi sentivo femmina e mi piaceva: e a lui piaceva sentirsi il mio fidanzato, diciamo così.
    Il punto di svolta fu quando mi chiese se avessi mai baciato una ragazza. Intuendo dove volesse andare a parare, mi schermii e arrossii diventando di porpora, farfugliai qualcosa, cercai di guadagnare una distanza di sicurezza e me lo ritrovai lo stesso a pochi millimetri.
    "Facciamo finta che io sia la tua ragazza - sussurrò accostandosi a me - cosa mi faresti?".
    Cercai di allontanarmi ma non ci riuscii, protestai borbottando qualcosa e lui fu rapido nel poggiare le labbra sulle mie, baciandomi a stampo, ma nel sentire il contatto umido di saliva entrambi protendemmo le labbra, si sentì lo schiocco tipico dello sbaciucchiamento e un istante dopo se ne sentì un altro e poi un altro, col risultato che stranamente ci venne duro a entrambi, a lui durissimo, ma io fui invaso da una paura, credo pure esagerata.
    "Basta - sussurrai - ci stiamo comportando da froci. Fermiamoci".
    Lui distese un sorriso che me lo sarei abbracciato e baciato fino all'indomani e oltre, ma mi feci forza e mi trattenni. Lui no, che non si trattenne. In un istante riuscì a sollevarmi la maglietta, mi scoprì i seni e i capezzoli turgidi, mi spogliò e per sfilarmi la t-shirt mi fece sollevare le braccia, fu un segno inequivocabile della mia resa. Si tuffò su di me, mi baciò e leccò ogni millimetro delle mie piccole ma sodissime forme, mi trascinò in una sorta di trance sessuale. Poi cominciò ad armeggiare con la mia cintura e io istintivamente ancora una volta mi ritrassi.
    "Fammelo vedere", insisté.
    "No! Ma che ti salta in mente? Vuoi finirla?". Il cuore mi galoppava, me lo sentivo in gola, come se volesse balzarmi fuori dal petto, anzi dal seno.
    Visto che non cedevo, fu lui a spogliarsi. Gesti lenti, misurati, una specie di spogliarello in piena regola, alla fine dai suoi jeans calati fino alla caviglia venne fuori un coso grosso così, eretto quanto mai.
    "Cazzo!" mi scappò di dire mentre mi faceva sedere sul letto, accomodandosi accanto a me. E che cazzo: grosso, nodoso, eccitato, lungo, mezzo scappucciato. Alla base aveva una peluria scura con una sfumatura rossastra, come i suoi capelli.
    "Puoi toccarlo, se vuoi", mi suggerì dopo avere visto che non riuscivo a staccare gli occhi da lì.
    "Giovanni, fermiamoci", implorai, quasi, ma lui mi afferrò rudemente un polso e mi trascinò la mano a cingere il suo membro.
    "Cazzo - ripetei - cazzo, ti sto toccando il cazzo", dissi nervosamente, iniziando a fare su e giù, in modo che la cappella, poco a poco, si denudasse lasciando del tutto scoperto un glande che mi parve enorme.
    "E ci vai pure bene, a toccarlo - commentò lui, assumendo un'espressione rilassata, appagata -. Ora fammi vedere il tuo".
    Il mio, a causa di quella situazione, era diventato proprio di marmo e non mi andava di mostrargli quanto mi piacesse masturbare il suo. Non riuscii a frenarlo, però, stavolta, e in pochi movimenti mi denudò. Con grande perizia e con mani esperte impugnò il mio piccolo cazzo e cominciò a segarmi piano piano, in modo da non farmi venire subito e apprezzando la mia eccitazione.
    "Lo hai piccolo - commentò - ma durissimo. Brava, amore" e sorrise nel parlarmi al femminile, cosa che da quel momento io avrei sempre fatto, nei momenti di autoerotismo in cui avrei iniziato a pensare a lui.
    Ci masturbammo a vicenda, lui dettava il ritmo e mi suggeriva di non accelerare: era bravissimo, riuscì a farmi durare qualche minuto, quando di regola io in pochi secondi eiaculavo. Seduti l'uno accanto all'altra, lui mi cingeva la schiena e mi carezzava delicatamente un seno, passandomi la mano sotto l'ascella: era un tocco garbato, delicato ma deciso, potrei dire persino da innamorato. Io con la mano libera gli presi i coglioni e glieli strizzai leggermente: nei giornaletti porno avevo visto che le donne nel fare i pompini comprimevano i testicoli per favorire eiaculazioni abbondanti. Lui gradì e molto, rilassò la schiena e si distese all'indietro.
    "Sei proprio una piccola mignotta", disse con un filo di voce. Vidi che cominciava a respirare affannosamente e anche io avvertivo le stesse sensazioni. Capii che stava per venire perché anch'io ero lì lì per godere e non so proprio cosa mi prese, anche questo lo avevo visto fare nei porno e insomma, senza dire niente - e forse agevolata anche da una sua lieve ma decisa spinta - mi piegai su di lui, in un attimo il suo cazzo grosso si fece sempre più grosso, aprii la bocca e me lo ritrovai dentro. Sentii un AAAAHHHH fortissimo, poi la mano che mi cingeva la schiena si trasferì sulla mia nuca e mi spinse profondamente il cazzo in gola, quasi soffocandomi. In quello stesso istante avvertii un fiotto caldo, caldissimo, schizzarmi dentro e scivolare giù per l'esofago, una quantità enorme di sperma mi riempì la bocca, mi ingozzai del suo seme ingoiandolo tutto, mentre anche io venivo nella sua mano, che nonostante tutto non aveva mollato la presa.

    *
    Finì tutto lì. Finì o quasi. Avemmo entrambi paura di iniziare una vera relazione: l'ho detto, era un'età confusa e in cui certe cose nemmeno si capivano a fondo, però io sapevo benissimo di avergli fatto un pompino, al culmine dell'ennesima pomiciata, mentre lui mi masturbava. Nulla da fare, doveva finire tutto lì, una vita da froci allora, trent'anni fa, era una cosa problematica. Glielo dissi, me lo disse anche lui, "è stato bello, sei irresistibile, succhi il cazzo come una dea, meglio delle donne ma stop, basta così".
    "Okay", dissi con una vocina delusa da adolescente innamorata qual ero. Non seppi resistere, però, e gli gettai le braccia al collo, lui esitò un istante e fece lo stesso, mi baciò teneramente su una guancia e nel trovarla rigata dalle lacrime mi strinse più forte, poi rapidamente con la bocca si accentrò sempre di più sul mio viso e a quel punto capii che non era il miglior modo per lasciarsi, protestai qualcosa di incomprensibile perché Giovanni, approfittando del fatto che per dirgli di smetterla dovevo tenere la bocca aperta, poggiò le labbra sulle mie, svelto come un'anguilla fece scivolare delicatamente la lingua dentro la mia bocca e io confesso che avrei avuto il tempo di sfuggirgli, di staccarmi da lui, mi sarebbe bastato mollargli un pugno, anche non forte, sullo stomaco o sulle palle, invece rimasi come paralizzata e lasciai che mi baciasse, che la sua lingua, intrufolatasi dentro la mia bocca, si allacciasse alla mia lingua, devo dire che non ci fece per niente schifo, solo che quel bacio così intimo, bello, appassionato, di regola un gesto che avviava un fidanzamento, fu l'ultimo momento del nostro amore.
    Ma ancor oggi io mi masturbo pensando a lui.
     
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