Malattie diffuse nelle trincee durante le guerre mondiali

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  1. <Petrosyan>
     
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    La mortalità dei soldati che presero parte alla prima guerra mondiale si aggira attorno al 10%. Per avere un termine di paragone, nella seconda guerra mondiale questa percentuale fu del 4,5 %. La probabilità di essere feriti era del 56%. Questo senza considerare che i soldati direttamente coinvolti nei combattimenti erano circa 1/4 del totale; gli altri erano impiegati nelle retrovie (artiglieria, sanitari, addetti ai rifornimenti, ecc.). Per un soldato della prima linea la possibilità di superare la guerra senza rimediare una ferita o essere ucciso era molto bassa. Al contrario, fu molto frequente il caso di soldati che vennero feriti più volte durante il loro servizio al fronte. Le ferite più gravi erano provocate dall'artiglieria. Particolarmente temute erano le ferite al volto, che sfiguravano per sempre chi ne fosse colpito.

    All'epoca della prima guerra mondiale l'assistenza medica era ancora rudimentale. Non esistevano antibiotici, e anche ferite relativamente leggere potevano facilmente evolvere in una mortale setticemia. Le statistiche dimostrano che i proiettili rivestiti in rame (o in leghe di questo metallo) provocavano ferite meno suscettibili di sviluppare sepsi rispetto ai proiettili con rivestimenti diversi. I medici militari dell'esercito tedesco verificarono che il 12% delle ferite alle gambe e il 23% delle ferite alle braccia avevano un esito letale. Nell'esercito americano morì il 44% di tutti i malati colpiti da setticemia. Era destinato alla morte la metà dei feriti al capo e il 99% dei feriti al ventre.

    Tre quarti delle ferite era provocata dalle schegge dei proiettili dell'artiglieria. Si trattava di ferite spesso più pericolose e più cruente di quelle provocate dalle armi leggere. L'esplosione di una granata provocava una pioggia di macerie, che, penetrando nella ferita, rendeva molto più probabile l'insorgere di un'infezione. Altrettanto micidiale era lo spostamento d'aria provocato dall'esplosione. In aggiunta ai danni fisici vi erano quelli psicologici. I soldati sottoposti ad un bombardamento di lunga durata (sulla Somme il bombardamento preparatorio britannico durò una settimana) soffrivano spesso di sindrome da stress postraumatico (in Italia, per indicare le persone colpite da questa sindrome, si usava l'espressione scemo di guerra).

    Le condizioni sanitarie nelle trincee erano catastrofiche. Molti soldati divennero vittime di malattie infettive: dissenteria, tifo, colera. Molti soldati erano afflitti da diverse malattie provocate da parassiti.

    Spesso seppellire i morti era un lusso che nessuna delle parti belligeranti aveva intenzione di sobbarcarsi. Per questo i cadaveri rimanevano insepolti nella terra di nessuno sino a quando il fronte non si muoveva. In questo caso era però troppo tardi per procedere ad un'identificazione. Così vennero introdotte le piastrine identificative. Su alcuni fronti (come per esempio quello di Gallipoli) fu possibile seppellire i morti solo dopo la fine della guerra. E ancor oggi, in occasione di scavi lungo le linee del fronte della prima guerra mondiale, vengono rinvenuti dei cadaveri.

    Più volte, durante la guerra (anche se soprattutto nel primo periodo), vennero contrattati degli armistizi ufficiosi, per soccorrere i feriti e seppellire i morti. I vertici militari erano però contrari ad ammorbidire l'ostilità tra le parti in lotta, fosse anche per motivi umanitari, e tendevano a impartire alle truppe ordini che intimavano di impedire il lavoro dei sanitari del nemico (in pratica, fare fuoco su di loro). Tali ordini, però, furono generalmente ignorati. Per questo, quando i combattimenti cessavano, i sanitari avevano modo di soccorrere i feriti, e accadeva frequentemente che i sanitari di parti avverse si scambiassero i rispettivi feriti.

     
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0 replies since 22/5/2009, 12:41   4687 views
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