Veronika all'università

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  1. gaetano1291
     
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    Una volta tornata insieme al mio ragazzo italiano, riconquistato con l’arma della gelosia provocata dal mio rapporto con un altro appena lui mi aveva lasciata, lo convinsi ad andare a vivere insieme. Lui all’inizio non voleva, stava benissimo a casa sua dove era praticamente un figlio unico a 27 anni suonati, in quanto la sorella era già sposata da oltre quattro anni. Era laureato, guadagnava qualcosa anche se nonostante la laurea in Medicina non avesse ancora un impiego fisso, e non voleva rinunciare alle comodità acquisite.
    Io nel frattempo, imparato l’Italiano e superati gli esami di accesso all’università per stranieri, mi dovevo iscrivere a Veterinaria. Le scelte che mi posero furono fra le università di Napoli, Perugia e Pisa.
    “Beh, potrei scegliere Napoli e una volta lì cercare Attilio” dissi, ricordando la mia avventura a Londra un paio di anni prima. Questo bastò, ormai mi conosceva e sapeva che se decidevo qualcosa di solito andavo in porto.
    Quindi accettò di andare a vivere insieme litigando con il padre, bigotto fino al midollo. Io mi iscrissi a Pisa.
    L’occasione di un appartamento in cui vivere venne grazie allo zio del mio ragazzo, un architetto, che fu trasferito in Iran per 6 mesi (ancora c’era lo Scià, era il 1978) e ci lascio a disposizione il suo appartamentino da scapolo, piccolo ma più che sufficiente per noi. Io stavo per compiere 22 anni, cinque meno del mio ragazzo.
    Cambiammo vita: io andavo a Pisa dal lunedì al venerdì, poi passavo il fine settimana a Roma con lui, che a sua volta faceva sostituzioni e prestazioni mutualistiche. Ad Aprile vinse un concorso e fu assunto stabilmente in un ospedale della provincia.
    Finalmente cominciarono ad entrare soldi in casa con continuità, finora avevamo vissuto soprattutto con la mia borsa di studio tedesca e i suoi guadagni saltuari.
    Di quanto successe a Pisa non raccontai mai nulla al mio ragazzo, non se lo meritava visto che fra di noi le cose andavano bene. Ma purtroppo ebbi dei problemi enormi a trovare un appartamento o una stanza in cui soggiornare per le tre o quattro notti la settimana che passavo lì. Fra le ragazza nessuna mi voleva come compagna di casa o di camera, la solita gelosie delle donne quando vedono una carina e immaginano un potenziale pericolo. L’unica che all’inizio aveva accettato mi cacciò praticamente via il secondo giorno, quando il suo ragazzo, venuto a trovarla la sera, mi vide è cominciò a flirtare davanti a lei.
    Dovetti cercare fra appartamenti abitati da maschi. Non fu difficile, ma fu complicato capire quali non fossero un pericolo. Finalmente trovai tre studenti della mia stessa facoltà, Veterinaria, che avevano una stanza libera ed erano disposti ad affittarmela a un prezzo accettabile. Sembravano ragazzi seri, un ligure e due calabresi.
    Una sera, dopo una settimana che già vivevo lì, ci fu una specie di festicciola, con sette-otto invitati. Ci sbronzammo tutti. Quando rimanemmo solo noi quattro cominciò una strana conversazione durante la quale uno dei ragazzi disse: “Noi siamo molto contenti che tu sei qui. Con noi puoi stare tranquilla perché abbiamo tutti la ragazza e anche tu hai il tuo ragazzo a Roma…”. “Però” continuò uno dei calabresi, “qui siamo soli e stasera non è tardi e non abbiamo sonno. Che ne dici di divertirci un po’?”. Il mio primo “no” non deve essere stato molto convincente, forse per il mix di vodka e whisky che avevo ingurgitato nelle ultime due ore, tanto che loro insistettero ancora, in maniera molto soft, senza toccarmi o avvicinarsi più di tanto. Capii che ne sarei uscita solo con un compromesso. “Io non voglio fare l’amore con nessuno di voi perché ho deciso di essere fedele al mio ragazzo. Ma se volete possiamo concludere la serata in maniera per voi soddisfacente”.
    Nel frattempo uno dei tre si era addormentato per il troppo bere, evidentemente era il meno interessato.
    “Intanto facci vedere le tette” disse uno dei due ancora svegli. Mi tolsi la maglia e il reggiseno, sicuramente il mio senso della misura era stato alterato dall’alcool. Vidi due paia di occhi sgranati che fissavano il mio grande seno, terza misura.
    “Ok, vieni qui tu, che comincio ad avere sonno”, dissi al primo dei due.
    Gli slacciai i calzoni e, tirati giù gli slip, presi in mano il pene, non grandissimo, che stava andando in erezione proprio allora. Cominciai a carezzarlo e strofinarlo finché divenne durissimo e poi usai la lingua e la bocca. Sarà stata l’emozione, ma il ragazzo venne in meno di trenta secondi, schizzando per tutta la stanza.
    A questo punto l’altro si avvicinò gia con il membro di fuori ed eretto e si mise ad aspettare. Feci la stessa trafila, mano prima, bocca e lingua poi. Durò un po’ di più, ma non moltissimo. Un dei sui spruzzi mi raggiunse fra i seni, ma gli altri andarono a vuoto. Vidi che erano molto soddisfatti. Uno pulì subito per terra e l’altro mi porse un asciugamano. Il terzo continuava a dormire: meglio così, pensai.
    “Ragazzi”, dissi “questo è successo stasera, ma non succederà mai più, altrimenti me ne vado subito, sia ben chiaro. Abbiamo bevuto tutti e non siamo lucidi. Buona notte, ci vediamo domattina”. E andai a letto dove crollai in pochi miniti nel sonno.
    La mattina dopo sentii dalla mia stanza il ragazzo che si era addormentato chiedere agli altri due cosa avessero fatto con me. “Niente, abbiamo chiacchierato fino alle tre e poi siamo andati a dormire”. “Ah, meno male, pensavo di essermi perso qualcosa”.
    “Macché” disse l’altro, “anzi beato te che hai dormito due ore in più, noi caschiamo di sonno e abbiamo sei ore di lezione…”. Risi di gusto.
    Al ritorno a Roma nel week end mi sentivo un po’ colpevole nei confronti del mio ragazzo, tanto che al nostro primo rapporto dopo il mio ritorno gli concessi per la prima volta di penetrarmi nel culo, cosa che fino a quel momento era stata tabù per lui. Se lo era meritato…
     
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0 replies since 3/6/2012, 13:56   1307 views
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